sabato 2 gennaio 2010

Papa, aggressione-abbraccio

Papa, aggressione-abbraccio: amore – odio – psicopatologia.

Di fronte al fatto di cronaca che ha visto Susanna Maiolo aggredire Papa Benedetto XVI mentre si avviava, in San Pietro, a celebrare la Messa sull’Altare maggiore, tutti ci poniamo una quantità di domande soprattutto, poi, se si considera che il gesto sconsiderato è stato ripetuto esattamente alla distanza di un anno.
Lo psicoterapeuta svizzero, Rolf Kessler, che segue la ragazza da molto tempo, in una intervista ha commentato: “Posso dire che sono rimasto molto stupito dalla notizia e non so dire cosa sia successo in questo anno e mezzo”.
Rinchiusa in ospedale per un TSO, la ragazza ha dichiarato “Volevo solo toccare il Papa, non volevo fargli del male”. Nell’ambiguità dell’osservazione (aggressione o atto d’amore) si giustifica l’idea dei medici curanti “… sarà difficile tirarla fuori da quel buco in cui si è cacciata”, ma resta lo sbigottimento della gente che non riesce proprio a darsi ragione del perché possano succedere certe cose, certi comportamenti tanto gravi che si collocano tra un atto di fede ed un violento senso di “bisogno”.
Dopo l’attacco perpetrato lo scorso anno in identiche circostanze, la povera Susanna, in terapia psicologica nella tranquillità della cinica svizzera, sembrava del tutto normalizzata … non aveva più dato segni di disordine o creato problemi.
Susanna è stata definita “personalità fragile” e “… prigioniera delle sue ossessioni”, dai suoi terapeuti che credevano di “… essere riusciti a riorganizzare la sua mente”, ma, evidentemente, il bisogno imperioso, ossessivo ed implacabile è rimasto dentro di lei.
È stato fatto un riferimento ai “miracoli di Gesù”, quando storpi, ciechi ed ossessi cercavano di toccare le vesti del Signore nella “… sicurezza che avrebbero strappato la salvezza, la guarigione e la salute.
Da questi fatti possiamo pensare a Susanna come una persona ossessionata dalle sue paure, da angosce tanto forti ed insopportabili da arrivare a “… chiedere il miracolo”. Per questo “toccare il Papa” può veramente essere visto come l’estremo tentativo, l’estrema certezza di “potersi curare! Che è “… liberarsi dalle ossessioni … grazie all’aiuto del Signore”.
Non potremo sapere mai di queste ossessioni (a meno che non ce le racconti lei stessa), ma l’esperienza clinica ci può aiutare a dare una risposta ai quesiti, a cercare una giustificazione ai comportamenti assurdi, inconsulti, pericolosi e … reiterati.
Se il gesto significa “richiesta d’aiuto” possiamo dire che la psicopatologia è dominata da una idea ossessiva: solo il Papa può salvarmi, solo “abbracciandolo” posso ottenere il miracolo, posso … costringere la sua potenza, la capacità insita nel suo ruolo sacro a guardarmi e a “curarmi”.
L’idea di poter “costringere l’altro” a usare la sua “potenza” per salvare il soggetto che ha bisogno ha in sé il significato profondo di “… costringere l’altro ad amarmi” e questo diventa il “segno” di un “profondo (inconscio) senso di non essere mai stata amata”.
Il femminile si giustifica perché questa “sindrome” è caratteristica delle ragazze (nei ragazzi questa problematica porta a comportamenti oppositivi ed aggressivi nei confronti del padre).
In questi casi, un altro aspetto della sintomatologia è la “difficoltà di amare”: la ragazza non riesce più a vivere sentimenti d’amore nei confronti degli altri, di tutti gli altri, proprio perché l’Altro viene svalorizzato e ritenuto ben poca cosa, proprio perché … giudicato incapace di comprendere l’angoscia del soggetto, il suo profondo bisogno di ricevere attenzione, comprensione ed amore.
Tutto questo porta a problemi di isolamento e di continue recriminazioni ed accuse nei confronti dei coetanei (maschi e femmine) e, quindi, l’impossibilità di costruire vincoli validi e duraturi.
Il rapporto con l’Altro è sempre dominato da:
- un senso di poter convincere l’Altro delle proprie ragioni (ritenute valide ed incontrovertibili);
- la “necessità ossessiva di costringere l’Altro ad assolvere i bisogni, i desideri e le aspettative del soggetto;
- l’idea che basta poco per raggiungere i propri obiettivi (dominio sull’altro);
- l’atteggiamento ed i comportamenti che spesso sembrano isterici, senza però trovare quella forte sfumatura di ordine sessuale.
Questa “sindrome” è stata anche chiamata”sindrome della tomba” proprio perché il soggetto si vede a vivere in una specie di “sepolcro”, nel quale può salvare i propri affetti profondi e dal quale non può uscire se non “… ponendosi una maschera che nasconda al mondo la propria cattiveria e perfidia”. “Se l’altro vedesse la mia mostruosità … lo perderei definitivamente, perché … scapperebbe inorridito!”.

In questi casi la terapia non può essere altra se non una psicoterapia che si può anche dire specifica perché deve risultare ferma, ma anche dolce e accogliente; deve mirare a ricostruire il senso di sé, liberando il soggetto da profondi sensi di incapacità e di inadeguatezza; deve portare a ristabilire i vincoli sociali sulla base del riconoscimento del valore dell’Altro; deve essere in grado di contenere le crisi emotive e di angoscia, oltre a bloccare le crisi di opposizione ed i aggressività che minano profondamente i rapporti interpersonali anche all’interno della famiglia.
Il lavoro psicoterapeutico si basa anche sul fatto di riuscire a stabilire un forte transfert positivo, capace di far transitare i sentimenti d’amore e al volontà a “… salvare l’altro dai propri attacchi distruttivi”, segnati dalla volontà di costringere l’Altro a sottomettersi alla volontà del soggetto, alla sua angoscia, al suo … insaziabile senso di bisogno che, nell’insieme formano una deriva delirante e psicotica.

Romeo Lucioni

Nessun commento:

Posta un commento